Ermetismo, rabbia... L'amore e la morte in 3 minuti difficili da definire!
Questo si può dire del ritorno di Paolo Saporiti alla produzione con un disco, sì tutto in italiano, ma che, certamente, risulterà non semplice da digerire per chi ascolta musica commerciale.
Con "IO non ho pietà" ci si imbatte in un vortice di situazioni musicali dove archi e chitarra la fanno, inizialmente, da padrone, ma con la voce dello stesso autore che, nei ritornelli, esplode con una potenza che non ti aspetti.
Splendidi i passaggi di chitarra acustica che passa da stoppati tecnicissimi a pennate cattive e potenti!
Un disco per intenditori ed amanti del non banale!
Un po' di storia
Non si intitola un disco con il proprio nome per caso. Non si comincia a scrivere canzoni in italiano – abbandonando l‘inglese al quinto disco – per caso. E non si suona musica folk così intima e verace, ma aprendola alle possibilità infinite di arrangiamenti radicalmente sperimentali, per caso. Insomma non si arriva ad un disco come questo nuovo lavoro di Paolo Saporiti seguendo rotte casuali.
Dodici canzoni folk, nel genere e nell‘indole, ma soprattutto nel senso. Quello di un uomo che per la prima volta si apre come mai era accaduto, levando fra sé e l‘ascoltatore qualsiasi ostacolo – linguistico, ma non solo – per fare i conti con il proprio vissuto e quello delle proprie radici biografiche e famigliari (la copertina raffigura il nonno e il bisnonno di Saporiti). In un disco che il punto d‘arrivo e ripartenza di un percorso artistico e umano; un lavoro in cui la vita, l‘amore e la morte vengono cantati sulla pelle e sulle costole, senza paura di farsi e fare male, ma con la consapevolezza che è questa l'unica strada verso la libertà.
“L'ultimo ricatto” si chiamava il precedente lavoro in inglese di Paolo Saporiti e questa dichiarazione, insieme alla volontà di intitolare il nuovo lavoro con il proprio nome, spiega al meglio la scelta di libertà definitiva di un songwriter che conosce e maneggia il linguaggio della grande tradizione inglese e americana, lo sa piegare verso rotondità melodiche di grande impatto emotivo (anche grazie ad una voce potente e dalle tante sfumature) ma allo stesso tempo decide di intraprendere una strada di sorprese e agguati sonori.
- Paolo Saporiti - voce, chitarra baritono acustica e acustica standard
- Xabier Iriondo - basso fuzz, mahai metak, waraku, field recordings, elettronica Cristiano Calcagnile - batteria
- Luca D’Alberto - viola, violino e violectra
- Stefano Ferrian - sassofoni
- Roberto Zanisi - bouzouki