Una vallata in piena estate, il declivio verde fa spaziare lo sguardo verso la pianura dove antiche rovine si stagliano all'orizzonte...
Lei lo fissa negli occhi ed un sorriso carico di promesse si dipinge sul volto abbronzato....
Irridente, ipnotico ed allo stesso tempo sensuale...
In queste poche parole si può definire il singolo di Eloisa Atti che è parte di un concept album chiamato Penelope.
Cirrce, nell'immaginario collettivo è la maga che con la sua magia ed il suo fascino attrae e fa suoi i viaggiatori che approdano sulla sua isola, ma, più in generale, rappresenta la femminilità nell'accezione più magica del termine.
Una chitarra acustica avvolgente accompagna tutto il pezzo mentre una linea ritmica, composta da una batteria estremamente soft e da un contrabbasso delicatissimo, sostengono tutto l'insieme.
Un'intro morbidissima e sensuale risolve in una seconda parte che si trasforma in un sirtaky travolgente che carica di adrenalina l'ascoltatore senza soluzione di continuità.
Da gustare a pieno il solo di bouzuky di Vaggelis Merkuris che dialoga con la chitarra rendendo davvero preziosa tutta la canzone.
La voce di Eloisa si cala a pieno in tutto l'insieme regalando un inizio sensualissimo che si evolve in una filastrocca irridente nella seconda parte della canzone.
Sicuramente un pezzo non easy listening, come tutto il disco, ma che merita tanta attenzione per la cura estrema che è stata messa negli arrangiamenti e nella creazione.
Da gustare con cuffie o auricolari di qualità per diverse volte!
La storia
Opera immortale, l'Odissea non ha ancora smesso di fecondare e plasmare il nostro immaginario, innescando adattamenti e rivisitazioni in diversi ambiti artistici. Al novero delle riletture più originali si aggiunge senz'altro "Penelope", esordio solista di Eloisa Atti e ultima pubblicazione di quella inesauribile fucina di talenti che è l’etichetta romagnola Brutture Moderne.
Avrebbe potuto rapportarsi al testo omerico nel più prevedibile (e sacrilego) dei modi, rimaneggiandone cioè i versi. E invece la cantante e musicista bolognese – un’infanzia nel Piccolo Coro dell’Antoniano e un recente passato nel progetto etno-jazz Sur con Francesco Giampaoli (Sacri Cuori, Classica Orchestra Afrobeat, e qui produttore artistico) − ha preferito concentrarsi esclusivamente sui suoi personaggi.
Ha aperto loro le porte e li ha ospitati a lungo, enfatizzandone, con l'inevitabile filtro del proprio vissuto, le peculiarità fisiche e morali ed eleggendole a metafore della condizione umana. Sfilano così, all’interno di un suggestivo canzoniere, il Fascino Fatale di Circe, l'Ottusità di Polifemo, l'Orgoglio Filiale di Telemaco, l'Inossidabile Tenacia di Penelope, la Commovente Fedeltà di Argo, l'Amore Inestinguibile di Calipso.
E affianco alle figure tramandate dal Mito ne spuntano altre scaturite dalla penna della Atti: il prof. Barbabianca, un pedante anti-Omero da non emulare se si vuol rendere avvincente la narrazione, e un papà così disperato per il temperamento pestifero delle figlie da vedere in loro l’incarnazione dei mostri Scilla e Cariddi.
Fedele alle coordinate estetiche che sempre più spesso è dato rilevare nei dischi della Brutture Moderne − una padronanza tecnica e una cura dei dettagli che mai si traducono in sterile virtuosismo e un’attitudine di fondo sbarazzina ma non per questo disimpegnata − "Penelope" dispiega uno sterminato arsenale di strumenti classici, jazzy ed esotici e riconduce nell’alveo di una forma cantautorale tipicamente italiana svariate suggestioni stilistiche: il cabaret waitsiano, il folk greco e messicano, la polka, il blues, il bolero.
La Atti ha una voce morbida e flessuosa, capace di piegarsi ai più diversi registri espressivi, e suona anche (splendidamente) concertina, tastiere, armonica, pianoforte e violino.
"Penelope" non è un semplice album di canzoni: è anche un insolito, sagace esperimento in cui i suoni, puntuali nel sottolineare ogni minima sfumatura delle liriche, rivestono un preminente ruolo drammaturgico. Quasi un audiotesto, che potrebbe ridestare nella mente dell'ascoltatore più nostalgico il gradito spettro di "Eskimo", l'epocale reportage pseudoantropologico dei Residents. Si pensi a “Punto di vista”, dove il ritmo (scandito dalla batteria di Marco Frattini) è pesante e rallentato quando parla Polifemo, ma si fa leggiadro e quasi scherzoso se in scena c'è Ulisse, contribuendo così alla definizione dei loro rispettivi caratteri; o si consideri “Mendicante”, con le tonalità perentorie del clarinetto basso di Matteo Raggi a disegnare magistralmente l'atmosfera carica di tensione che presagisce l'eccidio dei Proci. Non sorprende, dunque, che le musiche della Atti siano state scelte da Alessandra Merico e Giuseppe Zonno come colonna sonora del loro spettacolo “ODI A SE’” (già vincitore del “Teglio Teatro Festival” in Valtellina); una collaborazione così felice da sfociare anche nel video della title- track “Penelope”, interpretato dalla stessa Merico e diretto da Biagio Fersini.